• 1 May 2024

«Ci fa paura non può venire in gita», il caso dello studente con autismo che ha deciso di lasciare il liceo a Roma

La classe del secondo anno è andata a Siviglia, in Spagna, mentre il 17enne ha abbandonato gli studi. La preside: «Gestirlo all’estero è impensabile, ma vorrei tornasse a scuola»

«Gestirlo in aereo o in gita a Siviglia è impensabile, ma vorremmo tornasse a scuola».

Con queste parole il Liceo Ginnasio Statale Cornelio Tacito di Roma avrebbe negato la possibilità a Edoardo, un ragazzo autistico di 17 anni, di partecipare a uno stage linguistico a Siviglia, in Spagna.

Alla classe del secondo anno è stato infatti proposto un soggiorno presso delle famiglie con la frequenza mattutina in una scuola, ma a Edoardo non sono state prefigurate le stesse condizioni.
«Il suo è un caso particolare e delicato, ci rendiamo conto del senso di frustrazione della famiglia», spiegano i docenti.

La madre del ragazzo si è offerta di accompagnarlo, ma a quel punto è stato il 17enne a dire di non volere più partire. «Questa deve essere una gita coi compagni, non una vacanza con te», le dice. E alla fine, decide di non partire e di lasciare la scuola.

Le difficoltà a scuola
I problemi di Edoardo con la scuola si intensificano durante il secondo anno di Liceo Linguistico. «Il nuovo docente di sostegno – racconta la mamma – incapace di gestire ogni tipo di problematica, aveva paura di mio figlio e lui lo percepiva, tanto che solo alla sua vista iniziava ad agitarsi, provocando grande confusione in classe e con l’inevitabile rientro a casa contro la sua volontà».

Dopo alcuni colloqui con l’Istituto e le lettere inviate al ministero dell’Istruzione, arriva una nuova docente di sostegno con la quale, sottolinea la famiglia, Edoardo non «riesce a trovare la serenità, ha continui episodi rabbia» che costringono i docenti a chiamare più volte i parenti per riportarselo a casa.

Docenti, quelli del liceo linguistico, che – spiega sempre la mamma di Edoardo – «non riescono a far lezione e che hanno paura di stare alla lavagna di spalle quando lui è in classe, che hanno paura a rapportarcisi, che non è portato per le lingue e che è triste quando è in aula».

La stessa dirigente del Tacito, Pucci, ha confermato a Rep delle problematiche accentuate soprattutto a partire dal secondo anno. Tuttavia, la scuola «ha sempre – spiega la preside – cercato di fare rete con la famiglia, anche quando i docenti hanno ricevuto calci, ceffoni e sputi dal ragazzo, gesti ovviamente inconsapevoli».

Il problema, però, non è sono locale, bensì strutturale: non tutti i docenti, infatti, ad oggi sono preparati alla gestione di casi come quello di Edoardo. E molto spesso, lo Stato non fornisce alle scuole gli strumenti adatti che riescano a garantire le stesse possibilità a tutti gli alunni

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