I chirurghi del futuro? Saranno guidati da intelligenza artificiale e realtà virtuale

Intanto in sala operatoria si moltiplicano i robot

Sembrano videogiochi, ma sono gli strumenti usati dall’Università di Pisa per formare gli specializzandi. Andrea Moglia, del Dipartimento di ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, ci racconta come funzionano

Percorsi personalizzati, capaci di adattarsi alla curva di apprendimento di ciascun discente, favorendo così la formazione dei futuri chirurghi, che in sala operatoria opereranno attraverso un robot. Tutto questo è possibile grazie all’intelligenza artificiale e a un simulatore basato sulla realtà virtuale: lo dimostra uno studio dell’Università di Pisa, che ha coinvolto un gruppo di ricerca internazionale, guidato dall’ingegner Andrea Moglia, del Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, in collaborazione col professor Sir Alfred Cuschieri dell’Università di Dundee (Regno Unito).

Istruzione e formazione trarranno notevoli benefici dall’A.I.

Per avere informazioni sui livelli di abilità innata dei tirocinanti, e facilitare così l’implementazione di una formazione personalizzata flessibile, 176 studenti di medicina hanno eseguito specifici esercizi al simulatore per chirurgia robotica, raggiungendo il livello di competenza richiesto. Successivamente, tramite software, sono stati sviluppati vari modelli di intelligenza artificiale, grazie ai quali è stato possibile prevedere il tempo e il numero di tentativi di ciascun esercizio necessari ai partecipanti per completare il loro percorso di formazione. I risultati dello studio, a cui ha partecipato anche il gruppo di chirurgia generale del professor Luca Morelli, sono stati pubblicati sull’autorevole rivista Surgical Endoscopy.

Un percorso di ricerca basato, innanzitutto, sul deep learning, branca del machine learning, e quindi del più ampio mondo dell’intelligenza artificiale, che fa riferimento alle reti neurali artificiali, ovvero ad algoritmi ispirati alla struttura e alla funzione del cervello. “Al deep learning – spiega Andrea Moglia a Startupitalia – abbiamo applicato l’ensemble learning: come suggerisce il nome stesso, si tratta di una particolare configurazione di apprendimento automatico, grazie alla quale abbiamo potuto aggregare più modelli di reti neurali. In questo modo abbiamo ottenuto risultati caratterizzati da un’accuratezza più elevata, fino al 95% in alcuni casi, rispetto a qualunque altro modello di machine learning, che invece utilizza metodi più vicini alla statistica tradizionale”.

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